È la conclusione a cui è arrivata la ricercatrice Marianna Virtanen con i suoi colleghi del Finnish Institute of Occupational Health. Il dato proveniente dal Whitehall II Prospective Cohort Study in cui sono stati arruolati 6.014 impiegati pubblici londinesi tra i 31 e i 61 anni, con lavoro a tempo pieno e non affetti da cardiopatia ischemica. All'arruolamento (tra il 1991 e il 1994) è stato somministrato a tutti i partecipanti un questionario sulle ore lavorative giornaliere. Le domande riguardavano fattori socio-demografici, fattori di rischio cardiovascolare, livello di posti di lavoro al fine di esaminare il rischio associato al lavoro straordinario di 1 ora, 2 ore e 3-4 ore rispetto all'assenza di ore di straordinario (gruppo di controllo). Il follow up medio è stato di 11,2 anni. L'outcome primario era morte per causa cardiaca, infarto miocardico non fatale, angina. Di tutti gli impiegati il 54% non eseguiva ore di straordinario, il 21% riferiva di eseguire circa 1 ora di straordinario, il 15% 2 ore, e il 10% regolarmente 3-4 ore. I lavoratori che hanno riferito lavoro straordinario erano più spesso di sesso maschile, sposati, fumatori, bevevano alcol e di livelli professionali superiori. Essi, inoltre, hanno segnalato più stress psicologico e comportamento di tipo A. I lavoratori che hanno segnalato 3-4 ore di lavoro straordinario hanno presentato un aumento del rischio di morte per malattia coronarica, infarto miocardico non fatale o angina (hazard ratio [HR] 1,60, intervallo di confidenza del 95% [CI] 1,15-2,23), dato non modificato sostanzialmente dopo aggiustamento per fattori di rischio cardiovascolare (HR 1,56; 95% CI 1,11-2,19). Inoltre, è stata osservata una significativa interazione tra autonomia decisionale e lavoro straordinario: soggetti con bassa autonomia decisionale ma più ore di lavoro straordinario avevano un rischio maggiore di eventi cardiovascolari (HR 1,78; 95% CI 1,10-2,89), mentre quelli con una maggiore autonomia decisionale e minore lavoro straordinario hanno avuto un minore del rischio di eventi (HR 1,26; 95% CI 0,77-2,04).
La carenza di personale, reale o fittizia che sia, rappresenta uno dei mali che affliggono molti settori del mondo del lavoro. Una soluzione a cui frequentemente si ricorre per far fronte alle esigenze di servizio è il lavoro straordinario. Uno studio condotto in oltre 6.000 dipendenti pubblici inglesi, di età compresa tra 39 e 61 anni, seguiti nel corso di un follow-up medio di 11 anni, ha dimostrato come il fatto di lavorare 3-4 ore in più al giorno si associ ad un significativo aumento del rischio di cardiopatia ischemica anche dopo aggiustamento per i classici fattori di rischio (1.56 con un intervallo di confidenza al 95% compreso tra 1.11 e 2.19). Chi ha orecchie per intendere...intenda.
Fare un salto di qualità. “In Italia le aziende tendono a fare formazione su salute, sicurezza e stress come adempimento a una legge – spiega Luciana d'Ambrosio Marri –. Il salto di qualità si avrebbe se cominciassero a considerarlo un valore, oltre che un costo”. Un messaggio di questo tipo avrebbe come effetto di produrre comportamenti manageriali e lavorativi consapevoli rispetto alla salvaguardia della qualità della vita. Che cosa fare, dunque? “Le aziende potrebbero mettere in atto politiche di welfare organizzativo – continua –, come i nidi aziendali, il telelavoro, i permessi di paternità, mentre lo Stato dovrebbe creare una rete di servizi territoriali”. In questo modo si avrebbe un beneficio per i lavoratori e, in particolare, per le donne perché, come spiega d'Ambrosio Marri, “potrebbe portare a una redistribuzione dei ruoli nelle famiglie, contribuire al bilanciamento tra vita e lavoro e, perché no, consentire loro di ambire a ruoli manageriali e di responsabilità”.Ma si può dire, allora, che esiste un legame tra sovraccarico di lavoro e depressione? “Esistono studi che dimostrano che una vita complicata, vissuta con scelte di ripiego o rinunce e in cui non c'è bilanciamento tra tempo di vita e tempo di lavoro può scatenare tensioni tra luoghi familiari e lavorativi, stressare le relazioni e diminuire il benessere – conclude Luciana d'Ambrosio Marri –. Quindi si può dire che la fatica di bilanciare questi tempi può generare insoddisfazione nel lavoro e portare a situazioni di disagio e, in alcuni casi, anche di depressione”.
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familiari e lavorativi, stressare le relazioni e diminuire il benessere – conclude Luciana d'Ambrosio Marri –. Quindi si può dire che la fatica di bilanciare questi tempi può generare insoddisfazione nel lavoro e portare a situazioni di disagio e, in alcuni casi, anche di depressione”.
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