W LA LIBERTA' DI PENSIERO DI UN OPERAIO METALMECCANICO !!!
Quando ho fame, mangio. Quando ho sete, bevo. Quando sento di dover dire qualcosa, la dico...
In questa lunga, storica intervista rilasciata a Gianni Minà, Fidel Castro racconta la vicenda di Che Guevara, aprendosi anche sui dettagli intimi della vita del suo amico argentino e sul loro rapporto: “Voglio dirti una cosa: ho fatto fatica ad accettare l’idea della morte del Che. Molte volte l’ho sognato e a volte ho raccontato i miei sogni a chi mi stava vicino … Bene, ho sognato che stavo parlando con lui, che era vivo; qualcosa di molto speciale. E’ difficile ancora adesso accettare l’idea della sua morte. A cosa è dovuto? Secondo me, al fatto che egli è ancora presente in noi”.
Nel 1984 il mondo è diviso in tre grandi blocchi: Oceania, Eurasia ed Estasia, perennemente in guerra tra loro.
Londra è la capitale di Oceania e il potere è detenuto dal regime dittatoriale del Grande Fratello, leader del partito unico. La vita di tutti i cittadini è controllata per mezzo di teleschermi che recano delle telecamere.
Winston Smith e Julia, nonostante siano integrati nel sistema, nutrono qualche dubbio rispetto al mondo in cui vivono e si trovano coinvolti in una relazione d'amore, sentimento proibito dal regime.
Traditi da O'Connor, loro superiore, i due vengono sottoposti al lavaggio del cervello mediante tortura, in modo che si liberino da qualsiasi idea personale e giurino cieca fedeltà al Partito.
Finali alternativi.
Nella versione per il mercato americano Smith e Julia vengono convertiti, come nel romanzo originale. In quella per il mercato europeo, il protagonista grida in strada la propria avversione per il Grande Fratello e viene immediatamente ucciso dalla psicopolizia, seguito da Julia.
Tutti hanno una matta voglia di diventare maghi: scienziati, filosofi, ricercatori indipendenti, dottori pratici di ipnotismo, magnetizzatori, ciarlatani, giornalisti, preti e mistici, tutti hanno la loro famosa idea della magia e dell’arcano magico. Chi posa a superuomo arrivato al settimo cielo, chi a critico incredulo, chi a mistico, chi a pontefice che scomunica. Ma dal 1899 in cui cominciai a scrivere della Scienza dei Magi, un progresso enorme si è compiuto: la scienza umana, la osservativa e sperimentale, attraverso tanti studi e memorie d’indole diversa, è arrivata a capire e a confessare che qualche cosa ci sta nell’uomo vivente, che a prima vista non appare: una riserva di forze ignorate che in certi momenti non precisabili possono dare fenomeni inaspettati ed effettivi.
Se l’uomo non fosse la bestia più intelligente e dotta della zoologia, si contenterebbe di mettere a profitto quello che ha trovato e provato, per allargare la conoscenza pratica di queste realizzazioni di poteri occulti che sono in noi. Poteri che stanno in noi, non in noi che abbiamo imparato a leggere e in noi che abbiamo studiato nelle scuole statali un sacco di belle cose scientifiche (ora si insegna officialmente anche la Psicologia Sperimentale) ma in noi uomini, vale a dire in me, in voi, nel vostro portinaio, nel proto e nei compositori di queste righe, nell’umile connetta che lava le stoviglie in cucina, nella principessa che passa in carrozza, nel socialista che giura pel materialismo economico, nel generale che vorrebbe la dittatura sulla digestione politica e via di seguito. Viceversa, l’uomo intelligente e dotto, fabbrica sul poco di pratica degli altri, castelli di teorie che imbrogliano peggio tutte le semplici osservazioni delle persone semplici che tentano di esperimentare senza spiegarsi pel momento nulla – così non più il fenomeno delle forze occulte in noi si ricerca secondo natura, ma attraverso questo cumulo di teorie sballate, e si finisce in quella torre babelica che fu la confusione delle lingue ai tempi della storia sacra.
Per dirne una: molti di quelli che si occupano in Italia e in Francia di questa roba, i mistici e i teosofi in maggior quantità, oltre a screditare questa nostra Magia antica, vedono dovunque la Magia nera. Questo appellativo di NERA, mette i brividi. Deve commettere molte tonnellate di guai questa cosa tanto nera! La moda onesta è la spiritualizzazione, l’uomo deve evolvere in alto, non in basso; deve allontanarsi dalla materia, non involversi nella pesante e più bassa fanghiglia della terra; tutto ciò che è fine, scopo, preciso risultato che un mago si propone per beneficio suo o di altri, è un errore condannabile; ecco perché la Magia è da scartarsi, e la “nera” specialmente deve essere maledetta… Bisogna rispondere così: la Magia è filosofia pratica e naturale. Non è mago colui che non crea, non benefica, non guarisce, non prende, non dona, non consola, non prevede, non provvede, non ama, non benedice, non solleva, non difende, non abbatte, non arresta, non deprime.
Le forze occulte residenti in noi, integrate in poteri essenzialmente della nostra natura animale, sono come i muscoli del nostro corpo, che diventano atrofici se l’esercizio non li sviluppa e li rende elastici ed effettivi. La volontà direttrice di queste forze è un riflesso dì quella scintilla divina che è il nostro intelletto. Nell’equilibrio di spirito e materia, maritati in temperamento dolce, la volontà non è mai tentata dalla prevaricazione: la giustizia nel desiderio determina la potenza realizzatrice della volontà, il fiat. L’uomo deve con tutte le sue forze tendere all’integrazione dei poteri e virtù della sua personalità latente, dormiente, dimentica, innanzi alla nuova personalità che la società in cui vive gli ha imposto. Né mistico per eccesso di spirito, né bestia per preponderanza della parte più grave dei suoi elementi. Così lentamente evolvente entra nel campo del mag: uno stato dell’essere che chi non prova non può intendere.
Trovo in un libro francese – il libro francese è il volgarizzatore – di persona molto stimata, che per autoipnotizzazione i maghi ottengono tutto – così in un opuscolo americano che è emanazione di un’impresa per fare i maghi in ogni parte del mondo, a dieci dollari per mese. È tanto facile dire come gli altri fanno la magia senza farla! Così le opinioni dei mistici, degli spiritisti, dei filosofi e dei teosofi.
Se riesci a fare quel che vuoi tu, in una zona di giustizia umana ove la tua coscienza resta pura, non trattenerti a realizzare il bene per te e per gli altri: guarendo, donando, rendendo felice anche per un istante chi ricorre a te per la più volgare delle cose, e non prendere sul serio i moniti delle persone che trovano degno dei superuomini il rifiuto a chi domanda aiuto.
Cari studenti, in merito a quanto accaduto lo scorso sabato davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, al dibattito, alle reazioni e alle omesse reazioni, ritengo che ognuno di voi abbia già una sua opinione, riflettuta e immaginata da sé, considerato che l’episodio coinvolge vostri coetanei e si è svolto davanti a una scuola superiore, come lo è la vostra. Non vi tedio dunque, ma mi preme ricordarvi solo due cose.
Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti. ‘Odio gli indifferenti’ - diceva un grande italiano, Antonio Gramsci, che i fascisti chiusero in un carcere fino alla morte, impauriti come conigli dalla forza delle sue idee.
Inoltre, siate consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza. Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé. Lo pensavano anche tanti italiani per bene cento anni fa ma non è andata così”.
'Etica' è parola di derivazione greca (da ἔθοϚ, che
significa 'costume', 'carattere') equivalente al termine di derivazione latina
'morale' (da mores, che significa 'costumi'): la tradizione latina chiama
'morali' le virtù di carattere che Aristotele chiama 'etiche' e distingue da
quelle intellettuali. Nell'uso corrente tuttavia i termini di derivazione greca
entrano di solito nel gergo delle professioni colte, dei medici come dei
letterati e dei filosofi, e questo ha fatto sì che si usi spesso 'etica' solo
in relazione allo studio dei costumi, mentre 'morale' può riferirsi tanto allo
studio dei costumi quanto ai costumi stessi. In questo senso parliamo di Etica
o di Morale per indicare delle discipline, ma parliamo delle 'morali' per
indicare comportamenti come la 'morale corrente', la 'morale cristiana', la
'morale islamica', ecc. Ne è nata l'impressione che 'morale' si riferisca
direttamente a qualcosa di reale, qualcosa come l'oggetto dell'etica, la quale
pertanto sarebbe un'attività di secondo grado rispetto a quell'oggetto. Per
questo 'etica' è usata spesso per indicare le considerazioni sui principî che
ispirano una morale: in questo senso si usano espressioni come 'etica della
responsabilità'.
Questa sistemazione trae origine dal fatto che l'etica come
disciplina specializzata è stata 'inventata' dai Greci o, meglio, dai filosofi
greci. Nei Topici Aristotele dice che in una scuola filosofica si potevano
discutere questioni logiche, fisiche o etiche, e spesso nelle proprie opere fa
dell'etica una scienza pratica che, a differenza delle scienze teoretiche
rivolte alle cose necessarie, sulle quali non si può intervenire, verte sulle
azioni umane. Come attesta Diogene Laerzio nelle Vite dei filosofi, gli antichi
ritenevano che la distinzione tra logica, fisica ed etica fosse nata
nell'Accademia, cioè nella scuola di Platone, e che fosse condivisa da tutte le
scuole filosofiche successive. Nell'interpretazione corrente della nostra
storia intellettuale, dominata dal primato della civiltà greca, la nascita
della filosofia presso i Greci è considerata la scoperta di una forma
universale di sapere, e la comparsa dell'etica quale disciplina autonoma è
spesso vista come uno stadio successivo a quello in cui la morale si esprime più
primitivamente in leggi, in massime e nella letteratura religiosa o poetica,
come accade nelle civiltà diverse da quella greca o nella civiltà greca
arcaica.
Come può definirsi l'etica?
L'etica è sia un insieme di norme e di valori che regolano
il comportamento dell'uomo in relazione agli altri, sia un criterio che
permette all'uomo di giudicare i comportamenti, propri e altrui, rispetto al
bene e al male.
Quale filosofo parla di etica?
Aristotele
Termine introdotto da Aristotele per designare le sue
trattazioni di filosofia della pratica; indica quella parte della filosofia che
si occupa del costume, ossia del comportamento umano.
Perché l'etica è importante?
Grazie ai valori etici fondamentali del rispetto e della
correttezza, l'etica funge da diga morale, per arginare le conseguenze
potenzialmente catastrofiche di un egoismo dilagante.
Quanti tipi di etica esistono?
L'etica è una parte della filosofia dedicata alla
riflessione morale, ed è divisa in tre rami o tipi: metaetica, etica normativa
ed etica applicata.
Quali sono i quattro principi etici?
Childress e Beauchamp nel 1979, hanno elaborato quattro
principi (autonomia, non-maleficienza, beneficienza, giustizia) che dovrebbero
fungere da guida. Detti Principi sono uno schema di teoria etica per
l'identificazione, l'analisi e la soluzione dei problemi etici.
Qual è il fine dell'etica?
La virtù etica consiste nella scelta del giusto mezzo che si
trova tra i due opposti (per esempio: coraggio giusto mezzo tra viltà e la
temerarietà; magnanimità è il giusto mezzo tra vanità e umiltà). La principale
tra le virtù etiche è la giustizia, alla quale Aristotele dedica
l'"Etica".
Cos’è l'etica del sindacalista (Daniele Tissone)
I tempi complessi che stiamo vivendo ci impongono, oggi più
che mai, di interrogarci sul concetto di etica nel sindacato. Vorrei
soffermarmi su ciascuna delle tre parole che compongono questa frase
("etica nel sindacato") per cercare di spiegare al meglio il
ragionamento che intendo fare.
Etica o morale?
Innanzitutto, non da ora, ritengo che sia opportuno
parlare di "etica" e non di "morale", anche se spesso i due
termini si sovrappongono nel linguaggio di tutti i giorni. L'etica, che in
filosofia analizza il comportamento ritenuto corretto, contiene nel suo più
profondo significato la ricerca di uno o più criteri che permettono alla
persona di gestire in modo consono la propria libertà. Concetti che si uniscono
perfettamente all'etimologia del vocabolo "sindacato" che, come è
noto, deriva dal greco e significa insieme per la giustizia. Da questo punto di
vista la preposizione "nel" della frase che sto analizzando è parte
sostanziale e non secondaria. Dunque l'etica (non la morale, che indica la
condotta diretta da norme ed è sostanzialmente oggetto di studio dell'etica) nel
sindacato riguarda i comportamenti delle persone che agiscono nelle
organizzazioni e che, anche questo va detto con grande chiarezza, non sono
immuni dagli stessi problemi e dalle stesse debolezze o vizi che si possono
incontrare in tutte le comunità umane.
La conquista della credibilità
Ci vuole moltissimo per conquistare credibilità e fiducia,
ma ci vuole poco, anzi pochissimo, per distruggere tutto questo con
atteggiamenti che primariamente offendono l'intelligenza di chi li porta
avanti. Non c'è bisogno di scomodare Max Weber per sapere che in fondo l'etica
del sindacalista non è altro che l'etica della responsabilità. Perché nella
vita sociale (e sindacale) le nostre azioni generano conseguenze. Spesso ben al
di là delle nostre intenzioni.
In questo filmato Sadhguru affronta la questione della reincarnazione nello yoga e in altre tradizioni.
Che succede quando moriamo?Secondo lo yoga noi siamo fatti di 5 corpi (o strati) di cui solo i primi 3 riguardano quello che noi definiamo l’anima.
L’anima (intesa come essenza individuale identificabile) non sarebbe altro che il risultato del Karma, e non un’anima eterna come la intendiamo noi. Conseguire la liberazione significa diventare di nuovo il tutto e perdere la propria identità.
Al contrario, per la maggior parte di noi, la coscienza passa da una vita all’altra, da un corpo all’altro. Più il Karma è forte e più tempo passerà per trovare un altro corpo e la coscienza del defunto sarà più disponibile all’esperienza sensibile verso le persone vive. Questo tempo varia da poche ore a qualche anno.
La coscienza karmica in attesa del corpo è un “fantasma”, ma i fantasmi visibili sono solo quelli che hanno un karma fortissimo. Tipico è il caso di chi muore in modo traumatico.
Inoltre, essere disponibili all’esperienza sensibile delle persone vive, non vuol dire diventare uno spettro che se ne va in giro ad infestare luoghi, ma significa poter interagire in qualche modo con la realtà percepibile. Guarda il filmato e approfondisci. Alla fine Sadhguru lo dice chiaro: «se siedi qui e semplicemente chiudi gli occhi puoi chiaramente vedere che sei più di questo corpo, non è vero?»
Cosa accade quando moriamo?
Tantissime persone che hanno avuto esperienze premorte fanno racconti molto simili e in genere molto positivi. Essi descrivono luci bianche e sensazioni di grandissima beatitudine. Questo deve dare conforto e speranza e persuadere a non avere paura. Tuttavia si tratta delle primissime fasi di un processo che le varie tradizioni considerano graduale.
Io penso che il modo in cui viviamo, pensiamo, agiamo, il nostro stato di salute e il modo in cui moriamo abbia un effetto sul dopo morte. In qualche modo quello che siamo ce lo portiamo dietro. Di conseguenza l’esperienza è diversa per ognuno, così come lo è stata la vita.
Spetta a te caro lettore individuare analogie e differenze tra le varie ipotesi. Per quanto mi riguarda io cerco sempre le analogie.