venerdì 3 ottobre 2014

Articolo 18



A che serve abolire l'articolo 18...
di certo non a creare nuovi posti di lavoro...

“Proprio nella Germania della Merkel – dice il professor Piergiovanni Alleva, – sulla tutela del lavoratore in caso di licenziamento le regole sono estremamente chiare [...] senza giusta causa il licenziamento è nullo. Il lavoratore resta al suo posto. Il sindacato, i consigli di fabbrica devono dire la loro, dare l’assenso, altrimenti non si muove foglia. Il datore di lavoro può ricorre al giudice presentando le sue ragioni per il licenziamento. Si chiama ‘motivo personale’. Come da noi, il giudice decide se ha ragione il lavoratore o il datore di lavoro, se riconoscere la sussistenza o meno di un ‘motivo personale’ che giustifichi il licenziamento.”

Pietro De Biasi, direttore delle risorse umane del Gruppo Riva, multinazionale dell'acciaio presente all'estero con 17 stabilimenti produttivi, ha vissuto per più di 4 anni in Germania . Conosce benissimo il modello tedesco delle relazioni industriali e sindacali quello che oggi il governo vorrebbe importare in Italia, con la prossima riforma del welfare . E a noi lo ha spiegato.
Ma insomma, in Germania è più facile licenziare oppure no?
No. Anzi, se il licenziamento è dichiarato illegittimo, molto spesso il giudice ordina il reintegro del lavoratore. L'indennizzo in denaro è un eccezione, piuttosto che la regola.

Ma nel mondo come funziona ?

Il reintegro è previsto in gran parte delle nazioni industrializzate, a eccezione degli Stati Uniti, anche se spesso non viene applicato. Il contenzioso, nella maggior parte dei casi, si risolve con un indennizzo. Ecco una breve guida per capire cosa succede altrove in Europa, dove Gran Bretagna, Svizzera e Belgio hanno escluso in sostanza la possibilità che il lavoratore licenziato possa tornare in azienda. In Germania, invece, questa possibilità esiste, ma si verifica raramente. Mentre in Austria e in Portogallo a prevalere è il reintegro, al contrario di quanto accade nei Paesi nordici della flexsecurity

Nessun reintegro in Gran Bretagna, Svizzera e Belgio.

In Francia, reintegro obbligatorio solo per discriminazione.

In Spagna, la riforma Rajoy ha reso il licenziamento più facile.

Le norme di Portogallo e Austria sono particolarmente rigide: a Lisbona reintegrare il lavoratore licenziato ingiustamente è obbligatorio, ma il dipendente può rinunciare e scegliere il pagamento delle mensilità arretrate, o un'indennità che aumenta con l'anzianità di servizio. In Austria infine, in caso di licenziamento ingiusto, il datore di lavoro è obbligato al reintegro e a pagare un risarcimento.

Le mie considerazioni sono diverse, partendo dal fatto che dare la possibilità al datore di lavoro la possibilità di licenziare, mette i lavoratori sotto possibili ricatti. Il problema più grave in italia è la mancanza di un salario minimo in caso di licenziamento. Il sussidio di disoccupazione in italia è ridicolo. Oggi le aziende per evitare l'articolo 18, hanno una miriadi di contratti precari che possono applicare....questo ne deduce che l'articolo 18 è un capriccio di Renzi.

Ma davvero l’articolo 18 è un problema per le imprese?

Secondo i consulenti del lavoro, non è l’articolo 18 a frenare le assunzioni. Marina Calderone, presidente dei consulenti del lavoro, ha dichiarato al Sole 24 ore: «L’articolo 18 riguarda una minoranza di aziende. Se il limite dei 15 dipendenti è giudicato un blocco alla crescita dimensionale, allora bisogna riflettere su tutti i vincoli che nascono con il superamento dei 15 addetti. In realtà, serve tanta semplificazione e meno oneri sul lavoro».
Secondo un sondaggio svolto dall’Osservatorio permanente sul mercato del lavoro di Gi Group, un’azienda su due (49,5%) pensa che la priorità del governo non debba essere l’abolizione dell’articolo 18 ma quella di aiutare le persone senza lavoro a trovarne un altro attraverso appositi programmi di ricollocazione professionale. Rendere più flessibile il contratto a tempo indeterminato è una priorità per il 45,4% delle aziende intervistate. Per quanto riguarda l’articolo 18, il 42,5% delle imprese intervistate preferisce un contratto dove l’articolo 18 cessa di essere applicato del tutto, a fronte di una indennità monetaria crescente da corrispondere al lavoratore e di un supporto alla ricollocazione professionale. Il 32,6% non ritiene necessaria l’introduzione di un contratto a tutele crescenti, mentre il 24,9% ritiene che l’art.18 debba tornare a essere applicato dopo i primi tre anni dall’assunzione. Il 71,8% dei rispondenti ritiene, inoltre, che lo Statuto dei Lavoratori vada riscritto nel complesso per adeguarlo al mutato contesto storico-economico-sociale. Più di otto aziende su dieci (l’87,4% del campione) ritengono che nel nostro Paese ci siano troppe forme contrattuali. I primi due contratti che le aziende eliminerebbero sono il contratto a progetto (48,4%) e le associazioni in partecipazione (45,3%).
Modificare l’articolo 18 lasciando tutto il resto intatto, insomma, potrebbe avere effetti molto limitati sul mercato del lavoro.




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