giovedì 30 luglio 2015

Oblio

 

«Verrà un tempo» ho detto «in cui tutti noi saremo morti. Tutti. Verrà un tempo in cui non ci saranno esseri umani rimasti a ricordare che qualcuno sia mai esistito o che la nostra specie abbia mai fatto qualcosa. Non ci sarà rimasto nessuno a ricordare Aristotele o Cleopatra, figuriamoci te. Tutto quello che abbiamo fatto, costruito, scritto, pensato o scoperto sarà dimenticato, e tutto questo» – ho fatto un gesto che abbracciava la stanza – «non sarà servito a niente. Forse quel momento sta per arrivare o forse è lontano milioni di anni, ma anche se noi sopravvivessimo al collasso del nostro sistema solare non sopravvivremmo per sempre. È esistito un tempo prima che gli organismi prendessero coscienza, e ce ne sarà uno dopo. E se l’inevitabilità dell’oblio umano ti preoccupa, ti incoraggio a ignorarla. Sa il cielo se non è quello che fanno tutti.»

L'oblio rappresenta la dimenticanza intesa come fenomeno non temporaneo, non dovuto a distrazione o perdita temporanea di memoria, ma come stato più o meno duraturo, come scomparsa o sospensione del ricordo con un particolare accento sullo stato di abbandono del pensiero e del sentimento. Da non confondersi con il concetto di amnesia, in quanto non condivide con questo la durata del fenomeno, tipicamente temporanea nell'amnesia, né il carattere di abbandono della volontà e del sentimento tipico dell'oblio.

In Filosofia :

Il tema dell'oblio è rintracciabile nella storia della filosofia a partire da Platone, il quale fonda interamente la sua dottrina sul concetto di anamnesi o reminiscenza delle idee.
Le nostre conoscenze, secondo Platone, non derivano dall'esperienza, ma sembrano basarsi su forme e modelli geometrici che non trovano riscontro nella realtà fenomenica quotidiana; non esistono infatti i numeri in natura. Quei modelli matematici, che egli chiama appunto Idee, devono risultare pertanto da un processo di reminiscenza con cui giungono a risvegliarsi gradualmente nel nostro intelletto. Come si può notare, questa concezione presuppone l'innatismo della conoscenza, la quale presuppone a sua volta l'immortalità dell'anima, o meglio la sua reincarnazione (o metempsicosi), dottrina che Platone riprende probabilmente dalla tradizione orfica e pitagorica.
Secondo questa dottrina, una volta che l'anima umana si separi dal corpo in seguito alla morte ha la possibilità di tornare a contemplare l'Iperuranio, sede delle idee, per assorbirne la sapienza, prima di rinascere in un altro corpo.
Chi è ritornato subito sulla terra si reincarnerà come una persona ignorante o comunque lontana dalla saggezza filosofica, mentre coloro che sono riusciti a contemplare l'Iperuranio per un tempo più lungo rinasceranno come saggi e come filosofi. I primi saranno più facilmente soggetti all'oblio, ovvero alla dimenticanza e all'ignoranza, che li porterà a scambiare le apparenze sensibili per la vera realtà. I potenziali filosofi invece conserveranno dentro di sé qualche bagliore che, se opportunamente stimolato, potrà provocare in loro la scintilla del ricordo, attraverso intuizioni e lampi improvvisi, invitandoli alla ricerca della vera sapienza. Come Platone stesso suggerisce in numerosi passi, anche per i filosofi è impossibile recuperare completamente la reminiscenza del mondo delle Idee. La conoscenza della verità è propria solo degli dèi, che l'osservano sempre. I filosofi tuttavia non la desidererebbero con tanta forza se non l'avessero già vista prima di incarnarsi, e non fossero certi in qualche modo della sua esistenza.
Il tema platonico dell'oblio si connette in proposito con quello di inconscio, nozione introdotta per la prima volta da Platone, che parla di saggezza offuscata, ma non cancellata del tutto. Si tratta di un oblio delle idee, rimaste sepolte e dimenticate nell'inconscio dell'anima, che è vissuto drammaticamente dal filosofo come una grave perdita. Egli descrive la triste condizione dell'oblio soprattutto nel , dove gli uomini sono condannati a vedere soltanto le ombre del vero, e condannano i pochi illuminati che, usciti fuori dalla caverna, intendono svelare loro la luce del sole.

«Sono innamorato di te, e non sono il tipo da negare a me stesso il semplice piacere di dire cose vere. Sono innamorato di te, e so che l'amore non è che un grido nel vuoto, e che l'oblio è inevitabile, e che siamo tutti dannati e che verrà un giorno in cui tutti i nostri sforzi saranno ridotti in polvere, e so che il sole inghiottirà l'unica terra che avremo mai, e sono innamorato di te.»

John Green - Colpa delle stelle


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"Giuliano Kremmerz" - L'Uomo

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