sabato 30 marzo 2013

Free Tibet




Nel 1950 la Repubblica Popolare Cinese invase il Tibet.
 
L’invasione e l’occupazione del Tibet costituirono un inequivocabile atto di aggressione e violazione della legge internazionale.
Il 
Dalai Lama, capo spirituale dei tibetani (avendo devoluto nel maggio 2011 il potere politico al nuovo Primo Ministro), tentò una pacifica convivenza con i cinesi, ma le mire colonialiste della Cina diventarono sempre più evidenti. La sistematica politica di sinizzazione e sottomissione del popolo tibetano segnò l’inizio della repressione cinese cui si contrappose l’insorgere della resistenza popolare. Il 10 Marzo 1959 il risentimento dei tibetani sfociò in un’aperta rivolta nazionale. L’Esercito di Liberazione Popolare stroncò l’insurrezione con estrema brutalità uccidendo, tra il marzo e l’ottobre di quell’anno, nel solo Tibet centrale, più di 87.000 civili. Il Dalai Lama, seguito da circa 100.000 tibetani, fu costretto a fuggire dal Tibet e chiese asilo politico in India dove fu costituito un governo tibetano in esilio fondato su principi democratici. Attualmente, il numero dei rifugiati supera le 135.000 unità e l’afflusso dei profughi che lasciano il paese per sfuggire alle persecuzioni cinesi non conosce sosta.
In Tibet, a dispetto delle severe punizioni, la resistenza continua.

Purtroppo nel Tibet non c'è il petrolio e quindi la comunità internazionale continua a non fare nulla.

Nel Tibet :
  • il diritto del popolo tibetano alla libertà di parola è sistematicamente violato.
  • Miglialia di tibetani sono tuttora impriogionati, torturati e condannati senza processo. Le condizioni carcerarie sono disumane.
  • Le donne tibetane sono costrette a subire involontariamente la sterilizzazione e l'aborto.
  • I tibetani sono perseguitati per il loro credo religioso.
  • Monaci e monache sono costretti a sottostare a sessioni di rieducazione patriottica, a denunciare il Dalai Lama e a dichiarare obbedienza al Partito comunista.



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