La straordinaria vicenda politica di cui è stato protagonista Hugo Chávez è troppo complessa per essere etichettata, come spesso è avvenuto dai media occidentali, come “dittatura mascherata”. Sul Corriere viene tracciato un ritratto del Presidente nel quale il regime del presidente viene definito “autoritario” ma allo stesso tempo “strano”.
La stranezza, indefinibile per gli organi di informazioni
occidentali, forse potremmo interpretarla in questo modo: Chávez ha
incarnato una politica e anche un immaginario con tratti populisti, a
volte autoritari, ma ha sempre vinto le elezioni nel suo paese e
nonostante continui tentativi di delegittimazione interna ed
internazionale ha avviato un piano di efficaci riforme sociali.
La figura del presidente passa agli onori della cronaca occidentale quando nel 1992 alla guida del Movimento Quinta Repubblica tenta di mettere in atto un colpo di stato contro l’allora presidente Carlos Andrés Peréz.
Il colpo di Stato fallì, ma Chávez ottenne così grande visibilità nel
paese che versava in condizioni sociali tutt’altro che entusiasmanti. I
suoi punti di riferimento culturale sin da allora saranno: Simòn Bolìvar,
il Libertador, da cui trasse l’ispirazione per una politica
panamericana di liberazione dal giogo politico ed economico degli Stati
Uniti, ma anche Marx e Gramsci, da cui
trasse la base ideologica per costruire un’opposizione frontale alla
globalizzazione neoliberista, sostenendo politiche di contrasto alla
povertà e di abbattimento dell’analfabetismo.
Nel 1998 Chávez torna in campo e vince le elezioni con il 58, %
dei consensi. La prima cosa da fare, come aveva promesso, era
ridisegnare l’assetto istituzionale del paese e per questo dà vita ad
un’assemblea costituente che scrisse una nuova costituzione. Molte
saranno le innovazioni introdotte. Tra queste ricordiamo: il
riconoscimento del lavoro informale, la democratizzazione dei beni
comuni, il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni e istituzione
del “referendum revocatorio” per tutte le cariche elettive, presidente
compreso, nella seconda metà del mandato. Proprio questo strumento fu
usato nel 2004 per tentare di destituire il Presidente, ma il tentativo
non andò a buon fine.
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