Nel linguaggio comune spesso ci capita di ascoltare dare del “nichilista” a qualcuno. Con questa etichetta usiamo infatti bollare una persona negativa, disfattista, che ama radere al suolo qualsiasi convinzione su cui si poggia l’esistenza e il comportamento dell’interlocutore. Ma da dove viene esattamente questo termine?
Etimologicamente deriva dal latino nihil (che significa “nulla”) ed è una dottrina filosofica ben specifica che nega che esistano dei valori, delle verità assolute, significativi. La vita si caratterizza come priva di senso, scopo, non c’è nessuna verità forte da ricercare, non ci sono obiettivi, certezze e valori oggettivi da raggiungere e su cui misurarsi. Così, dunque, si afferma che la morale è nient’altro che un prodotto arbitrario, convenzionale (cioè stabilito dall’uomo, senza nessuna caratteristica di necessità e assolutezza); o che non esiste nessuna realtà ultima (vera) da svelare; o che non è possibile nessuna forma di conoscenza e sapere che ci conduca alla certezza di qualcosa; non esistono divinità, destini precostituiti che possano determinare la nostra vita e quella di tutto ciò che ci circonda. I cosiddetti filosofi nichilisti hanno talvolta condiviso tutte insieme queste caratteristiche, altre volte ne hanno abbracciato unicamente un aspetto (nichilisti per quanto riguarda la morale, o la conoscenza ecc.).
Apparentemente il nichilista sembrerebbe molto vicino all’ateo, allo scettico o al semplice pessimista. Ciò che li differenzia è una forma di consapevolezza: il primo è convinto che la caduta dei valori e delle certezze è il prodotto di un processo storico, un lento ed inesorabile deterioramento, a cui l’uomo ha risposto abbracciando delle forme di disperazione o, al contrario, di ribellione totale.
Un nichilismo completo: che, dopo la disillusione, può condurre alla disperazione e al nulla oppure ad una reazione di distruzione totale di qualsiasi verità assoluta e credenza. Solo in questa seconda accezione, dunque, il nichilismo ha già in sé il germe del suo superamento.
l Nichilismo si può superare accettando in modo consapevole la limitatezza della missione dell'uomo: non è il mondo a non avere senso, bensì tutte le illusioni a cui l'uomo crede. Sostituzione delle vecchie certezze con nuovi ideali e verità simili alle precedenti.
Secondo Christopher Nolan, il finale di Oppenheimer ha alcune somiglianze con quello di Inception. Mentre Oppenheimer sarà presentato in anteprima il 21 luglio di quest’anno, Inception è stato rilasciato nel 2010 e come noto segue le avventure oniriche di Dom Cobb, interpretato da Leonardo DiCaprio, mentre tenta di cancellare la sua fedina penale in modo da poter tornare dalla sua famiglia. Oppenheimer, invece, racconta la storia dell’uomo che ha contribuito a creare le armi nucleari che ancora oggi mettono a rischio l’umanità.
Le motivazioni principali dei personaggi
possono essere diverse, ma ciò non significa che i film siano troppo
diversi. In un’intervista con WIRED, Nolan ha infatti spiegato che pensa che i finali di Oppenheimer e Inception
siano in realtà notevolmente simili. Potrebbe esserci del nichilismo,
ma c’è anche un certo livello di ambiguità intellettuale. “Voglio
dire, la fine di Inception, è esattamente questo. C’è una visione
nichilista di quel finale, giusto? Ma anche lui è andato avanti ed è con
i suoi figli. L’ambiguità non è un’ambiguità emotiva. È intellettuale
per il pubblico”, ha spiegato Nolan.
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