Il nuovo film “Cento domeniche” è stato presentato alla Festa di Roma.
Ecco il trailer:
“Ho voluto raccontare un mondo di persone oneste, che sostengono questo Paese ma è stato accantonato”.
La classe operaia in paradiso non c’è andata, ma almeno si riaffaccia al cinema.
Antonio Albanese: “Dalla parte degli operai dimenticati dalla politica”.
“È un racconto del mondo operaio, un pianeta che dobbiamo cominciare a notare e guardare, ci dobbiamo aiutare”. Commenta così Antonio Albanese la necessità sua e del collega attore Michele Riondino divenuto regista con Palazzina Laf, di fare un film sul mondo del lavoro e denunciarne le ingiustizie, i tradimenti. Le cento domeniche sono quelle in cui si narra che un altro operaio abbia costruito pazientemente la propria casa con i propri risparmi e l’impegno costante di una vita tranquilla, faticosa ma onesta. Da ex operaio metalmeccanico, Antonio Albanese racconta una storia ambientata in un mondo di cui ha fatto orgogliosamente parte, nei luoghi che gli hanno dato i natali per mostrarne un’amara universalità e per mettere in luce quelle che lui stesso ha definito “storie di ordinaria avidità, che hanno travolto le esistenze di centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori su e giù per la penisola”.
Un film il cui protagonista poteva essere lei, visto il suo passato di operaio.
Vengo da quel mondo, ho fatto il metalmeccanico per sei anni e non sono
pochi, lo dico con orgoglio. Poi ho scoperto il mondo del teatro che mi
ha colpito. Ho lasciato il certo per l’incerto e con l’arrivo a Milano
ho avuto la fortuna di entrare in accademia. Poi la passione e anche il
bisogno mi hanno avvicinato alla comicità, una forma d’arte tra le più
elevate in assoluto e ho cominciato così. Ma non ho mai dimenticato il
mio mondo, il mio paesello (Olginate, ndr) che continuo a frequentare e
dove ho cari amici. Con Piero Guerrera, mio co-sceneggiatore che sa
quanto amo quel mondo, ci siamo avvicinati a queste storie. E sì, potevo
essere io il protagonista, poiché per età, per crisi del lavoro, sarei
potuto andare in prepensionamento e trovarmi anche io nella situazione
di Antonio nel film. Non perché io sia ingenuo ma perché mi fido degli
altri. Volevo rappresentare questa tragedia e un tema poco rappresentato
soprattutto nel mondo operaio, che ci sostiene da sempre. Da spettatore
mi sono detto che desideravo vedere questa storia. Con grandi attori,
tecnici stupendi e grande impegno, ci siamo convinti di poter raccontare
una verità. Questo è un film necessario perché racconta un’ingiustizia
che non va dimenticata.
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