lunedì 5 ottobre 2015

Chiesa Povera (Sacro Denaro)


Basta dire che la Chiesa è povera !!!

È così che lo studioso inglese John Dickie, docente di Storia italiana all’ Università di Londra e autore di alcuni documentari sulla mafia, spiega l’origine del suo nuovo lavoro, Sacro Denaro.

In Sacro Denaro Dickie affronta il tema sempre caldo degli scandali finanziari della Chiesa Cattolica, esaminando la difficile opera di risanamento intrapresa da Papa Francesco. «Non si può servire Dio e il denaro», è il mantra del nuovo Pontefice. Da cui Dickie parte per raccontare i peccati economici della già nota «Vaticano Spa».

Ce lo dica subito: a lei Papa Francesco piace?

«Sicuramente è uno dei buoni, anche se a volte fa gesti retorici, pronuncia slogan che andrebbero concretizzati».Per esempio?«Insiste molto sul discorso della chiesa povera, richiamando l’ideale di una religione fondata sul bambino nato in una stalla: ma la chiesa povera non esiste e non potrebbe mai esserlo, perché ha responsabilità, edifici da mantenere, preti e suore in pensione, opere di beneficenza. Anche se è poetico ed efficace, lo slogan della chiesa povera non ha molto senso».

E quindi cosa dovrebbe fare o dire?

«Bisognerebbe ambire a una Chiesa ben gestita e trasparente dal punto vista finanziario».

Perché, oggi com’è?

«Lascia molto a desiderare. Il peccato numero uno è la mancanza di trasparenza, che apre nicchie di opportunità sui disonesti. A dispetto del suo potere e della sua organizzazione, in materia finanziaria la Chiesa cattolica si dimostra assai ingenua e disorganizzata. Non rispetta semplici regole di gestione aziendale».

Tipo?

«Un esperto di finanza ecclesiastica degli Stati Uniti ha condotto una indagine: nelle parrocchie americane, negli ultimi 5 anni, ci sono stati ben 85 gravi episodi di appropriazione indebita, da parte di un prete o di un amministratore incaricato di gestire le donazioni. E non abbiamo notizie in Italia, in cui si sospetta esserci una cultura della trasparenza minore rispetto agli Stati Uniti. Il risarcimento alle vittime dei preti pedofili ha mandato in bancarotta già dieci diocesi americane. E in Slovenia una chiesa ha dichiarato fallimento per una cifra di 800milioni dollari, persi a causa di investimenti spericolati».

Visto il quadro, Papa Francesco quante possibilità ha di riuscire a cambiare davvero le cose? 

«Il lavoro lo aveva iniziato già Benedetto XVI, introducendo parti di riforma dello Ior, diventata senz’altro più trasparente. Per la prima volta nella storia ha pubblicato un rapporto annuale, cosa che doveva essere banale e scontata e invece è cominciata soltanto ora. È un processo lungo: ci vorranno almeno cinque papi riformatori».

Quanti scontenti all’interno del Vaticano?

«A saperlo, questo è il problema. Per il momento possiamo gioire di un Papa che usa una macchina normale, non si veste in modo sgargiante e ha cambiato tono all’interno della Chiesa. Oggi l’umiltà è di moda nel mondo della chiesa, non è sempre stato così».

Lei è inglese: perché si interessa alla Chiesa cattolica e non, per esempio, a quella anglicana?

«Io non so niente di chiesa anglicana, sono ateo e non credo che questo sia un film contro la chiesa: le critiche più sferzanti alla gestione finanziaria del Vaticano sono interne, vengono dai credenti. E noi non abbiamo fatto che mettere il microfono sotto il loro naso».


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